Infelice! Non sei pazzo? non inganni te stesso? Che diverrà questa passione furiosa e senza fine?...
La solitaria dimora di una cella, il saio di crini e il cilicio
sarebbero un sollievo al quale la mia anima aspira.... Io non vedo a
questa sofferenza altro limite che la tomba.
Johann Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther
In pratica, trovandoti in una condizione assai comune, in cui un amore, un'assonanza d'anime, una felicità inspiegabile quanto avvincente ed abbagliante, non può realizzarsi e protrarsi...quando l'essere amato fugge, e sai che fisicamente lo gode un'altra persona...e così sarà, in ogni momento: tu mangi la zuppa di cereali e lui è ancora a letto con lei, fra le bianche lenzuola e sotto la coperta a crochet...tu accompagni il bimbo a scuola e lui va al lavoro, ma dopo pranzo tornerà da lei a mangiare minestra di lenticchie o pasta e fagioli e lei se lo coverà con gli occhi...e la sera provi a guardare un film in tv, ma sai che lui e lei ne stanno guardando un altro, sicuramente migliore, d'autore, su Sky o noleggiato da una videoteca di periferia, seduti sul divano come vecchi amici, lei che lavora all'uncinetto, lui che prova un approccio che lei finge di respingere con quel sorriso sufficiente...quando loroesisteranno sempre in quella bellezza che non dovevi conoscere, ... .... ..... puoi dire soltanto:
"Io non vedo a questa sofferenza altro limite che la tomba."
Ho sostituito il verbo sono al verbo io conosco, così che io non sia occhi castani e donna grassa e amore per la lettura, ma sia ciò che conosce, tra le altre cose e molto da vicino quella che convenzionalmente chiamasi me stessa.
"Che cosa succederebbe se il volto
umano esprimesse fedelmente tutta la sofferenza di dentro, se
l'espressione traducesse tutto il tormento interiore? Riusciremmo ancora
a conversare? Non dovremmo parlare nascondendoci il volto con le mani?
La vita diventerebbe decisamente impossibile se i nostri tratti
palesassero l'intensità dei nostri sentimenti. Nessuno avrebbe più il
coraggio di guardarsi allo specchio, perché un'immagine insieme
grottesca e tragica mescolerebbe ai contorni della fisionomia macchie di
sangue, piaghe sempre aperte e rivoli di lacrime irrefrenabili."
Pochi giorni fa ho fatto shopping (il che, per me, è un evento, perché è raro che me lo possa permettere) e sono stata molto contenta di essere entrata in possesso di alcuni articoli, fra i quali: questa maglietta Carpisa data in omaggio con una spesa di 45 euro;
e questa giacca in ecopelle presa in un negozio che venda la marca Artigli.
Sono molto soddisfatta perchè ho notato che finalmente anche le marche low cost realizzano capi large ed extra large e non soltanto le solite taglie striminzite fino alla 46 che veste come una 42. Ad esempio questo giubbino esiste fino a due taglie sopra a quella che ho preso io.
Non prendere la taglia massima in cui un capo viene prodotto...non ha prezzo.
Non ho frequentato l'istituto d'arte. Si vede. I miei, più che disegni, sono pasticci. Però mi piace saperli pubblicati s'una pagina web che, potenzialmente, chiunque può vedere. "Anch'io disegno, e quindi so apprezzare". In realtà, per molti anni non ho disegnato. Ho ricominciato grazie a Nina B., che disegna donne in forma di ritratti amichevoli o caricature di "tipi" (come, ad esempio, l'ipocrita, che poi sarei io). Uno dei tanti punti di contatto con questa donna, è che anch'io disegno quasi esclusivamente figure femminili che si fermano all'altezza del collo o delle spalle. Lei, con la semplicità dei mezzi, riesce a sortire il miglior effetto. Un po' come fa con l'uncinetto. Se esiste fra le possibilità una soluzione semplice ma di grande effetto, è quella che questa grande artista trova e mette in atto. Io, con la scarsità dei miei mezzi, faccio pasticci. Eccoli.
Non sono mai soddisfatta della mia faccia né delle mie immagini, adoro tutto ciò ch'è degli altri e fatto dagli altri. Come si dice...chi d'invidia campa...
Lasciati andare, lasciati andare mio piccolo Henry Lee
E passa la notte con me
Non troverai altra ragazza in questo dannato mondo
Paragonabile a me
E il vento urlava e il vento soffiava
...
Un uccellino si posò su Henry Lee
Non posso lasciarmi andare e non mi lascerò andare
Per passare la notte con te
Perché l'amore mio sta in quelle belle verdi terre
E lo amo molto più di te
Lei si sporse dalla staccionata
Solo per un bacio o due
E col temperino che teneva in mano
Lo trapassò più e più volte
Venite, afferratelo per le mani bianche come gigli
Venite, afferratelo per i piedi
E buttatelo in questo bel pozzo profondo
Profondo più di cento piedi
Laggiù, stattene laggiù, piccolo Henry Lee
Finché ti scarnificherai
Così che il tuo amore che sta in quelle terre verdi
Io non fumo io non bevo non tiro tardi la notte non ho nessuna cattiva abitudine Sono una persona poco interessante e non vorrei averti mai conosciuto. Hai scelto un'altra donna dal confronto con la quale esco ad ogni istante perdente. Decisamente vorrei non avervi mai conosciuto per non avere così bene a fuoco sempre sotto gli occhi l'immagine del mio dovere: togliermi dal mondo.
Mi sono molto divertita a realizzarlo, credo contenga in nuce almeno un'idea, che svilupperò in seguito oppure no, tutto dipende dalla quantità di tempo, filato e cervello di cui disporrò.
Ho ricominciato a lavorare all'uncinetto, e mi è venuto facile, più facile che ricominciare a nuotare o andare in bici. Il risultato, però, è sempre lo stesso: qualcosa che assomiglia ad una copia. Ne farò tanti, tanti altri di questi cappelli, nel corso della mia vita, sempre nello stesso stile, in cui non è necessario contare i punti né lambiccarsi il cervello, qualcosa in cui il dolore o la noia o il tempo semplicemente fluiscano e si annodino, si attorciglino, si rincorrano, per poi risolversi a disegno finito.
Ph. Red
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